"A Beppe" - Torino 11 Dicembre 2002



Siamo qui riuniti per salutare Beppe, il compagno, l’amico, l’uomo Giuseppe Riccheo, un uomo che ha vissuto una vita normale e straordinaria allo stesso tempo, se di vita normale si può parlare della condizione proletaria, in un quartiere come il suo amato "Balon" e, contemporaneamente, essere comunista per tanti anni, per una vita intera.

Uomo tra uomini e donne la cui esistenza è stata passione, impegno, presenza nei grandi eventi del loro tempo come nel lavoro minuto, essenziale e decisivo, del giorno dopo giorno.

I suoi compagni e le sue compagne lo ricordano da sempre militante del P.C.I., prima alla 2° sezione "Gramsci" e poi, per lunghissimo tempo, alla 26° sezione "Giuseppe Di Vittorio" di Porta Palazzo, sezione nella quale ricoprì per tanti anni il delicato ed oscuro incarico di "tesoriere" con dedizione e pignoleria. Sempre presente alle Feste de "L’Unità" , sempre disponibile ai turni di vigilanza notturna.

Beppe è stato uno splendido esempio di comunista. Pensare che il mondo esistente non sia l’unico possibile, anzi che un altro mondo è possibile, che le condizioni di povertà, di segregazione sociale, non siano delle "dannazioni naturali", ma che contro di esse si possa combattere, valga la pena lottare. Stare da una parte, la parte dei proletari, "la parte del torto". Lottare per l’emancipazione propria, dei piemontesi come lui, degli uomini e delle donne del meridione che sul finire degli anni cinquanta cominciarono a popolare il suo balon con comportamenti e lingue non tanto lontane da quel torinese particolare che ha abitato Porta Palazzo, sino ai nuovi immigrati di oggi di terre ancora più lontane, con altri comportamenti ancora, con altro colore di pelle e lingue per lo più incomprensibili.

 

Beppe, negli anni, ha saputo sempre relazionarsi, di volta in volta, con questi suoi nuovi concittadini, riconoscendo in loro, la sua stessa condizione proletaria. Gli stessi bisogni, gli stessi drammi (il lavoro che manca, la necessità di una casa dignitosa, la salute per i propri cari, la scuola per i figli): le stesse speranze, stessi diritti.

"Beppe" nacque nel 1935 e, quindi, visse da bambino la fame durante la guerra, la paura dei bombardamenti. Maturò lì, per sempre, l’odio per la guerra, per tutte le guerre. E poi la giovinezza negli anni cinquanta e l’adesione a quella straordinaria comunità di uomini e di donne, il Partito Comunista Italiano, che negli anni duri della ricostruzione post bellica aveva saputo mantenere alta l’idea di un mondo più giusto, più equo, più vivibile, più libero per tutti e tutte.

La vita di Beppe è stata tutt’uno con la storia del Balon, con gli uomini e le donne che lo abitano, con gli uomini e le donne che lo animano. Beppe ha amato questo luogo dei proletari, questa straordinaria area mercatale popolare. Nessuna ristrutturazione riuscirà a falcidarne la caratteristica composizione storica e sociale. Possono provare a distruggerlo per decreto o per delibera, ma non riusciranno a piegare la sua anima popolare.

Questo è il Balon, questa è la Tua casa, casa dalla quale Ti eri allontanato nei primi anni Ottanta per abitare un prestigioso stabile in Piazza Carlina (quello stesso stabile che ospitò Antonio Gramsci negli anni venti dell’ "Ordine Nuovo"), e alla quale volesti con forza e determinazione tornare. Tornare ai tuoi amici antiquari, piccoli artigiani e commercianti che popolano i vicoli di Borgo Dora.

Lì, sempre al Balon, svolgere il tuo lavoro per tanti anni: prima trasportando, montando e riparando elettrodomestici e caldaie in cooperativa e poi, con il tuo inseparabile amico e compagno di partito Fulvio, dedicarti al piccolo trasporto per i tuoi amici antiquari: "facchino proletario", come amavi definirti. Per poi arrivare, due anni fa, alla pensione (minima naturalmente).

Ricercare cose, stampe, racconti e aneddoti della vecchia Torino e del Balon in particolare, è stata la Tua passione. Sei stato, forse inconsapevolmente, uno dei tanti preziosissimi militanti di storia orale, memoria viva di una feroce e convulsa trasformazione sociale.

Poi il decennio che si conclude con la caduta del Muro di Berlino, l’implosione dell’URSS ed il cambio di nome e di pelle del Partito Comunista Italiano.

E Beppe, Giuseppe Riccheo, cosa poteva fare se non ribadire chiaro e forte, contro ogni luogo comune e moda imperante, e dirigente anche molto autorevole del proprio Partito, la scelta di essere un militante comunista.

E, continuare così l’antica ispirazione di un "mondo migliore", aderendo da subito al Movimento prima e al Partito della Rifondazione Comunista poi, sin dalla sua fondazione. E partecipando, per quanto il lavoro e la salute glielo consentissero, alle iniziative del suo Partito, alla sua Organizzazione, il Circolo Centro del P.R.C., e di nuovo alle Feste di "Liberazione" e ancora disponibile ai turni di vigilanza notturna.

E’ ora il tempo dell’addio. Prematuro addio.

Resterai per sempre nel cuore di tutti i Tuoi cari, nel cuore dell’inseparabile compagna della Tua vita, Lucia detta "Speranza", nel cuore dei Tuoi amati figli Mario e Fabrizio ai quali va tutto il nostro affetto in questo triste momento.

Per noi, per il Partito della Rifondazione Comunista, per me, per i compagni e le compagne del Tuo Circolo, e per tutti i compagni e le compagne comuniste, che il commiato da Te sia l’impegno nel mantenere, nel nostro agire, nel nostro lavoro politico, nelle lotte, ma soprattutto nelle nostre relazioni umane, la memoria di ciò che Tu sei stato.
Ti salutiamo a pugno chiuso.

Ciao Beppe.

 

Per il partito della Rifondazione Comunista
Il Segretario della Federazione Provinciale di Torino
Stefano Alberione

"Un sito di ricordi perchè il ricordo duri nel tempo"