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Vaccera e Lazzarà

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Conca Cialancia – Tredici Laghi

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Col Barant

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LE VALLI VALDESI: UNA FINESTRA SULL'EUROPA

"Non si può raccontare quello che abbiamo patito sulle montagne…" (Paul Reynaudin, Pastore valdese - 1689).

Sicuramente anche noi soffriremo affrontando queste montagne, ma la nostra fatica non ha niente a che vedere con la suddetta frase. Siamo in un angolo di Piemonte a poca distanza da Torino, dove le Alpi si protendono verso la pianura, fino a lambire Pinerolo. Queste valli incassate ed austere oggi sono per noi teatro di piacevoli itinerari in sella alle nostre MTB, ma nei secoli scorsi hanno sopportato prove ben più dure. ...Continueremo ad affermarlo anche dopo essere saliti lungo la Valle dei Carbonieri fino al Rifugio Barbara e di lì al Colle Barant? Vedremo...

Dobbiamo innanzitutto fare un passo indietro fino al 1174, quando un commerciante di Lione, Pietro Valdo, decide di rinunciare al suo modello di vita, dedicandosi ad un'esistenza condotta nella povertà, predicando il Vangelo, che tradurrà in lingua volgare. Nel 1184 per lui ci sarà la scomunica e per i suoi seguaci, i "poveri di Lione", è l'inizio di una persecuzione che si protrarrà fino al 17 Febbraio 1848, quando Carlo Alberto concederà loro diritti religiosi e civili. Per i Valdesi sono sette secoli di guerre, esilio e massacri, che avvengono sulle montagne, appunto, ed in particolar modo nelle tre valli che ancora oggi vengono chiamate "valdesi": Val Pellice, Val Germanasca e Val Chisone.

Anche nei pochi giorni necessari per compiere il nostro itinerario ci renderemo conto che ci troviamo in un mondo particolare: la gente è austera e riservata, ma di spirito libero, avvezza ad una vita povera e semplice, attaccata alla propria valle ed alle proprie tradizioni.

Il nome con cui sono conosciuti in Piemonte i Valdesi è "barbët" o "barbetti". Deriva dalla parola "barba", zio, che nella parlata locale indica una persona a cui si deve portare rispetto. Questo perché i Valdesi rifiutano di chiamare "padre" i propri ministri, come nella Chiesa cattolica romana: "Non chiamate nessuno vostro padre in terra, perché il Padre vostro è nei Cieli e voi siete tutti fratelli", dice una parola evangelica. Ma forse, più comunemente, tale nome viene associato alle lunghe barbe incolte che gli uomini erano soliti portare.

Qui più che altrove si respira uno spirito che non esiterei a definire "europeo". A partire dagli anni dell'esilio, i legami con le regioni al di là delle Alpi (Francia e Svizzera, soprattutto) si sono via via rinforzati, ed il carattere particolare di questa gente ha fatto sì che questi luoghi continuino ad essere teatro di molteplici iniziative culturali, oltre che religiose: come il Sinodo, assemblea generale della chiesa valdese, che si riunisce ogni fine Agosto a Torre Pellice, il Centro Ecumenico di Agape, a Prali, punto di incontro per giovani di diverse culture e nazionalità, e innumerevoli altre manifestazioni, come i numerosi concerti di musica folk che si tengono nel corso dell'anno.

I legami con i paesi d'oltralpe hanno fatto sì che si sviluppasse un plurilinguismo tuttora presente: mentre la popolazione di fede cattolica usava l'Italiano, la lingua della minoranza valdese era il Francese, ma soprattutto il "patois" di origine franco-provenzale, non dissimile dalla lingua occitana, che viene parlato ancora oggi.

Nel 1989 si è tenuta la celebrazione dei 300 anni del "Glorioso Rimpatrio", il cammino compiuto da circa mille uomini che, nel 1689 partirono dal lago di Ginevra, dove si erano rifugiati, per tornare nelle valli d'origine. Per ricordare quell'avvenimento alcuni appassionati di montagna, italiani e stranieri, hanno ripercorso questo cammino di oltre 250 Km su sentieri alpini, fino ad arrivare al villaggio di Balsiglia, sopra a Perrero; noi invece ci avventureremo su percorsi più adatti alle due ruote, ma che ci permetteranno ugualmente di conoscere a fondo questi paesi, la loro gente e la loro storia.

Per chi poi ne avesse voglia, consiglio anche di scendere per un giorno o due di sella e salire a piedi verso il Colle d'Abries o il Colle della Croce, da cui si può far spaziare lo sguardo sulle vallate più dolci del versante francese e sulla mole imponente del Monviso (3841 m) o del Palavas (2929 m) dalla parte italiana.

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ITINERARIO 1

SAN SECONDO - PRAROSTINO - COLLE DELLA VACCERA - PRAMOLLO - COLLE LAZZARA' - COMBAGARINO - POMARETTO - SAN GERMANO - SAN SECONDO     Km 70

Questo percorso ci permetterà di toccare tutte e tre le valli valdesi, consentendoci anche di spaziare con lo sguardo verso la pianura e, contemporaneamente, verso le Alpi.

Usciti da Pinerolo in direzione Sestrieres vedremo le indicazioni per San Secondo, da dove inizia la nostra fatica. Qui possiamo scegliere: se ci sentiamo particolarmente in forma per affrontare una salita da veri grimpeur, cercheremo l'imbocco di Via Massera, altrimenti proseguiamo sulla strada principale che porta a Prarostino. Entrambe metteranno a dura prova le nostre gambe: mentre nel secondo caso si tratta di circa 5 Km all'8%, la Massera consiste in 4 Km, ma al 10% di pendenza media.

Per trovarne l'imbocco bisogna seguire le indicazioni per Prarostino, poi svoltare a sinistra appena usciti dal centro del paese. Consiglio di chiedere informazioni... anche solo per vedere la faccia di chi vi risponderà. Di solito, dopo le spiegazioni, aggiungono: "Varda ch'a munta..." (Guarda che sale).

Raggiunto Prarostino, da cui possiamo apprezzare una bella vista su Pinerolo, continuiamo verso sinistra, ricongiungendoci con chi ha scelto la salita della Massera. Costeggiamo alcune case e ci inoltriamo nel bosco. Per evitare di sbagliare strada, possiamo seguire le frecce sulla destra che segnalano un'azienda agrituristica situata ai Piani di Prarostino, altrimenti proseguendo raggiungiamo lo stesso punto evitando parte della salita. Incontreremo altre strade asfaltate, ma ci terremo sempre sulla destra, senza scendere.

Stiamo cambiando valle ed alla nostra sinistra c'è la Val Pellice. Usciti dal bosco ci rendiamo conto che qui la gente cura ancora la montagna: le case sono ben tenute, il fieno è stato appena tagliato ed il suo profumo ci accompagna mentre ci rituffiamo nuovamente nel bosco.

Sempre seguendo i cartelli gialli raggiungiamo l'agriturismo: qui delle frecce in legno ci indicano il percorso da seguire per il Colle della Vaccera. Lasciamo la strada asfaltata per affrontare un'impegnativa salita di un paio di Km su di una pista forestale dal buon fondo compatto.

Raggiunta la località Colletta, seguiamo le indicazioni per Angrogna che ci portano alla strada asfaltata che sale dalla Val Pellice verso il colle. Non è una salita particolarmente impegnativa quella che ci conduce tra faggi, prati e case in pietra fino ai 1461 della Vaccera. A circa 3 Km dal punto più alto, sulla destra troviamo una fontana che ci permetterà di dissetarci. Sul colle i Valdesi avevano il loro campo durante le guerre di religione del 1600; adesso vi troviamo un rifugio (dove si affittano mountain-bikes) ed un ristorante.

Dopo la meritata sosta, imbocchiamo la strada sterrata seguendo le indicazioni per il Giardino Alpino "La Rostania", sorto nel 1899 per onorare la memoria del dottor Rostan, medico e botanico. Scendiamo tra rododendri e larici fino a raggiungere il villaggio di Sangle. Da qui in poi il fondo torna ad essere asfaltato ed una stretta strada a curve ci porta verso San Germano Chisone. Alla fine della discesa, a Rue (Km 25), possiamo scegliere se tornare a San Secondo, dove concluderemo il nostro anello di circa 37 Km, oppure proseguire.

Nel caso in cui si scelga il percorso breve, scendiamo fino a San Germano, che attraversiamo, notando le caratteristiche case e soprattutto quella posta ad arco sopra la via. Superato il tratto in pavé, ci teniamo sulla destra per evitare il traffico della statale per Sestrieres. La nostra strada è tutta in discesa fino a San Secondo.

Non è così se invece da Rue decidiamo di proseguire verso il Colle Lazzarà. A poco a poco recuperiamo quota, passando da 719 m ai 1124 m di Ruata, grazie ad ampi tornanti nel verde. Attraversiamo diversi villaggi, piccoli gruppi di case in pietra raccolte a formare le diverse borgate del comune di Pramollo.

Entrando in Ruata ci conviene riempire le borracce prima della salita finale. In prossimità del Tempio Valdese un cartello segnaletico ci indica il Colle di Lazzarà (o Laz Arâ secondo la dizione occitana). Le prime curve che incontriamo uscendo dal paese ci tagliano le gambe con la loro pendenza... speriamo che dopo spiani ! Invece la salita prosegue e la strada diventa sterrata, snodandosi tra larici e pini. Siamo in un tardo pomeriggio di inizio Agosto, le nebbie ci avvolgono, ma non fa freddo. Sulla nostra sinistra, semi nascosto tra gli alberi, un piccolo lago: con questa particolare atmosfera, aiutati anche dal profumo intenso della resina, non ci stupiremmo nel vedere le "masche" (le streghe buone delle leggende delle nostre   valli).

Arriviamo ad un bivio segnalato da un'alta pietra dipinta: ci teniamo sulla destra e poco dopo usciremo al sole, i cui raggi obliqui sull'orizzonte non ci infastidiscono, anzi, sono piacevolmente graditi. Ancora una fontana alla nostra sinistra, un lungo mezzacosta e siamo al colle. I rododendri sono ormai sfioriti, ma una nota di colore è data dal viola del brugo.

Manca un cartello che ci indichi il nome della località, non c'è però possibilità di errore, dato che subito dopo la strada inizia a scendere bruscamente. Una foto con le cime delle montagne che si alzano dal mare di nuvole, poi giù in picchiata. Se prima il fondo, sterrato, era splendido (compatto e senza pietre mobili), non si può dire altrettanto dei circa 5 Km che ci portano alle borgate superiori di Riclaretto. Di qui fino a Combagarino le cose poi migliorano, e da questo punto in avanti proseguiamo su asfalto. Una serie di tornanti e ci congiungiamo alla strada della Val Germanasca, che seguiamo fino alle porte di Pomaretto. Svoltiamo a destra prima di entrare in paese seguendo le indicazioni per San Germano Chisone; in questo modo evitiamo il traffico della SS23 Pinerolo-Sestrieres e rapidamente raggiungiamo San Germano, apprezzando la frescura offertaci dagli alberi e dai torrenti che fiancheggiano la strada.

A questo punto è sufficiente tenerci sulla destra, senza scendere verso la parte bassa del paese, per continuare in direzione di Porte. Una leggera discesa e tratti di falsopiano ci riportano a San Secondo, da cui ha avuto inizio il nostro itinerario.

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ITINERARIO 2

BIVIO CONCA CIALANCIA - LAGO LAUSON - CONCA CIALANCIA e ritorno    Km 50

( PASSO CIALANCIA - TREDICI LAGHI - GIORDANO - GHIGO di PRALI - PERRERO )

Ancora una volta la nebbia! Speravamo in un colpo di fortuna, invece quest'Estate 1997 non sembra volerci lasciare un ricordo di bei panorami, ma piuttosto di quello che possiamo indovinare nei piccoli squarci che si aprono di tanto in tanto. (Ho poi ripercorso altre volte la salita di Conca Cialancia, l'ultima nella calda, torrida e sempre assolata estate 2003, per andare a censire l'alpeggio del Lausun: che tempo faceva? Nebbia!)

Scaricate le bici dal nostro mezzo di trasporto, che abbiamo parcheggiato in un ampio spiazzo sulla sinistra, in sella percorriamo le poche decine di metri che ci separano dal bivio per Conca Cialancia, poco prima di raggiungere Perrero. Qui un cartello dice: "Conca Cialancia - 25 Km", e saranno tutti di salita!

Per i primi 5 Km la strada è asfaltata; proseguiamo evitando le deviazioni che portano a diverse borgate, che peraltro non vediamo, dato che stiamo avanzando in un bosco di larici; in giornate assolate ci regalerebbe una piacevole frescura.

Un ultimo bivio, ci manteniamo a sinistra: qui un cartello stradale segnala la cattiva qualità del fondo ed aggiunge: "Transito sconsigliato". A chi? Noi incontreremo diverse automobili e moto, ma nessun altro biker, oggi. Siamo gli unici pazzi ? Probabilmente gli altri aspettano giornate migliori...

La strada diventa sterrata, ma senza crearci difficoltà e la pendenza, non particolarmente impegnativa, ci facilita nell'ascesa. La terra battuta non poteva durare in eterno, quindi la mulattiera qua e là riemerge, costringendoci ad affrontare la salita in modo meno rilassato. Siamo ormai immersi nella nebbia, altrimenti potremmo ammirare il fondovalle del Torrente Germanasca, i villaggi di case in pietra, macchie grigio-marroni tra i boschi.

Che si fa, proseguiamo?

Sì, altrimenti ci tocca tornare un'altra volta!

Ogni tanto all'improvviso vediamo persino dei brandelli di cielo blu ed un raggio di sole. Il bosco si dirada, la strada percorre un tratto tra cespugli di ontano, felci e macchie di rododendri. La mulattiera è sorretta da alti terrapieni e con lunghi mezzacosta ci consente di guadagnare rapidamente quota.

Approfittando di un momento di visibilità migliore riusciamo a scorgere un alpeggio e le mucche al pascolo; dovremmo quindi essere in prossimità del Lago Lauson. Così è, ed imbocchiamo quindi la deviazione sulla destra che ci permette di arrivare al lago, altrimenti non visibile, in quanto incassato in una conca.

Dal bivio (indicato da un cartello poco leggibile) ai laghetti superiori ci sono ancora circa 7 Km. Alcuni tornanti, fiancheggiati dai soliti muraglioni, ci fanno superare un costone roccioso salendo di altri 400 m; qui un ulteriore mezzacosta ed un paio di curve ci portano finalmente alla Conca Cialancia. In alcuni casi potremmo trovare "traffico", rappresentato da un gregge di alcune centinaia di pecore, non troppo ben disposte a lasciarci passare! Sopra di noi si vedrebbero la Punta Cornour ed altre cime...

Il nostro punto di arrivo sono alcuni ruderi (un ex magazzino di materiale bellico) in prossimità di un piccolo specchio d'acqua.

Chi poi volesse affrontare un percorso più impegnativo, potrebbe proseguire, bici in spalla, sul sentiero che porta al Passo della Cialancia (2683 m), un buon punto panoramico sulla Conca dei Tredici Laghi, sulla cresta del Gran Queyron, su Torino e sulla Pianura Padana.

Adesso non ci resta che la discesa: noi, dal lago, ripercorriamo la strada dell'andata, chiedendoci di tanto in tanto perché non siano stati previsti degli antinebbia per MTB. A parte gli scossoni (e la scarsa visibilità) non c'è alcun problema nel tornare a valle.

Se invece abbiamo deciso di salire al colle (perché siamo in forma ed è una bella giornata), ci aspetta una discesa su sentiero verso i Tredici Laghi. Per il primo tratto seguiamo i segni gialli del percorso della Trans Alp, che deviano sulla destra nei pressi dei ricoveri Perrucchetti, un complesso di caserme del '900. Li abbandoniamo e ci troviamo ad affrontare un lungo tratto di discesa che spesso ci costringerà ad avanzare con la bicicletta a fianco. Potremo poi risalire in sella ed inoltrarci in un bosco di larici, dove il sentiero si immette in una bella strada sterrata, grazie alla quale raggiungiamo velocemente Ghigo di Prali. Di qui, su asfalto, scenderemo verso Prali e Perrero, per ritrovare il nostro punto di partenza.

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ITINERARIO 3

VILLAR PELLICE - COMBA CARBONIERI - RIFUGIO BARBARA LOWRIE - COLLE BARANT - RIFUGIO JERVIS - VILLANOVA - VILLAR PELLICE     Km 45

Non intendo nascondere che questo è un anello impegnativo: non tanto per difficoltà tecniche (se si esclude un tratto della discesa), ma per le pendenze che ci aspettano in salita.

Questa volta non è la nebbia a preoccuparci, infatti la giornata è splendida, ma soffia un forte vento freddo; scopriremo che nella notte la prima spruzzata di neve ha imbiancato il Monviso!

Subito dopo Villar Pellice (656 m) troviamo sulla sinistra un bivio per la frazione Perlà, prima di Bobbio Pellice. Qui iniziano i 10 Km che ci portano ai 1753 m del Rifugio Barbara Lowrie. Non è necessario un grande calcolo per renderci conto che la nostra strada ha una pendenza media del 10%. Il primo tratto è in pianura, su un buon asfalto, ma dopo la deviazione sulla sinistra iniziamo la nostra ascesa, pienamente consapevoli del fatto che di qui la media è dell' 11,6%. La strada si restringe e la qualità dell'asfalto peggiora, non conosciamo un attimo di riposo, perché gli strappi duri si alternano ai falsipiani. Tra i vecchi cicloamatori torinesi c'è chi dice che questa sia una delle salite più dure del Piemonte... Anche se ne conosciamo un'altra, in questo momento non abbiamo la forza di smentire queste voci... Sicuramente però siamo d'accordo con quelli che vorrebbero vedere un arrivo di tappa del Giro (o una cronoscalata) da queste parti!

Anche chi, come me, non ama compiere delle soste che rompono il ritmo, vede però di buon occhi la fontana subito dopo il ponte in località Pralapia. Il tratto che abbiamo appena superato era un buon 20 %, ed il vento non ci ha certo facilitati... La strada cambia versante con una serie di tornanti, per portarci ad un pianoro dove le mucche intente a pascolare ci guardano placide: chissà cosa pensano di noi...!

Troviamo ancora la forza di ammirare lo splendido paesaggio che ci si presenta davanti. Superato un alpeggio, la strada si riporta sulla destra ed affrontiamo gli ultimi due Km di asfalto (16%), fino ad un bivio in corrispondenza di un grande masso ed un tabellone illustrativo. Per il momento ci dirigiamo a sinistra, dove un'ultima terribile rampa (praticamente su sterrato) ci porta al Rifugio Barbara Lowrie, dove possiamo riempire la nostra borraccia, prima di tornare indietro ed affrontare il terreno più adatto alla nostra MTB, cioè la rotabile ex-militare che sale alla caserma situata nei pressi del Col Barant (o Baracun), a 2373 m.

La pendenza si mantiene elevata, ma il fondo è piuttosto buono. Un attimo di respiro ci viene concesso da un ampio tornante quando, usciti dal bosco di conifere che ci ha fin qui accompagnati, iniziamo a vedere il colle. Gli ultimi tornanti ci portano al punto più alto; possiamo scegliere se fermarci all'ex- caserma (adesso questo edificio è stato completamente recuperato ed ospita al suo interno un accogliente rifugio, gestito dagli amici che vedete con me nella foto. Vi consiglio di fermarvi a mangiare, almeno una fetta della loro celebre crostata!!!!), oppure affrontare il primissimo tratto di discesa per raggiungere la fontana poco sotto.

Qui da alcuni anni è sorto un giardino botanico alpino dedicato alla memoria del botanico Bruno Peyronel, in cui possiamo osservare una notevole quantità di piante caratteristiche di questi terreni.

Sotto di noi si apre la splendida Conca del Prà, un pianoro di origine glaciale lungo 4 Km e largo mediamente 1 Km: non possiamo fare a meno di credere a quella leggenda che lo voleva un lago, un tempo chiuso da una parete rocciosa che le fate avrebbero poi scagliato nella pianura, formando la Rocca di Cavour.

Iniziamo a scendere, e per lunghi tratti il fondo sarà tutt'altro che buono, a causa dell'acqua che ha invaso la strada, rendendola più simile al letto di un torrente nei tratti con maggiore pendenza. Superate queste ultime difficoltà, la strada torna ad essere buona e, tra larici e rododendri, arriviamo al guado del torrente Pellice, oggi completamente asciutto.

Una breve risalita ci porta all'ampio sentiero che percorre la conca; possiamo dirigerci a sinistra, fino alla bastionata sotto il Rifugio Granero, oppure puntare decisamente verso il Rifugio Willy Jervis, dove ci dissetiamo alla fontana.

Un tempo l'unica via per il ritorno era una stretta mulattiera, in parte ancora visibile; oggi invece abbiamo la possibilità di scendere seguendo la carrozzabile sterrata che ci porta a Villanova. Noi la imbocchiamo tenendoci sulla sinistra subito prima del guado.

Scendiamo fino ad un breve pianoro che precede la suggestiva cascata del Pis dell'Urina; non siamo lontani dalle rovine del Fort Mirabouc, ormai poco visibili. E' una delle testimonianze di come il Regno Sabaudo cercava di sottomettere queste terre "eretiche". Un’ultima difficoltà è rappresentata da un micidiale strappo che si erge davanti a noi nel bel mezzo della discesa, ma per il resto possiamo godere della frescura del bosco e del torrente alla nostra destra.

Raggiunta Villanova, ci resta solamente la discesa su asfalto per tornare a Villar Pellice.

 

CONSIGLI

Suggerisco di seguire gli itinerari seguendo il percorso proposto per consentire il massimo della percorribilità in sella.

Gli itinerari 2 e 3 sono praticabili solo nei mesi di Luglio - Agosto - Settembre.

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