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Questo articolo è stato pubblicato il 20 aprile 2011 alle ore 07:54.

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ALBA - Neanche un segno, un manifesto, un drappo nero: Alba è una città "aperta per lutto". Pietro Ferrero, ceo del colosso dolciario, è morto in Sud Africa, dove era impegnato nell'ampliamento di una impresa sociale vicino a Johannesburg. Gli albesi non parlano di altro – «sgomento» è la parola più usata – ma la capitale delle Langhe reagisce con la sobrietà tipica della profonda provincia sabauda.

Riservatezza senza limiti, lo stile della famiglia imprenditoriale detta la linea, fa scuola. Stile sobrio anche nella comunicazione dell'azienda: in serata poche righe del gruppo ringraziano per la grande partecipazione al lutto, tre righe annunciano che «tocca ora al fratello Giovanni continuare a guidare il Gruppo Ferrero verso traguardi ancora più alti tenendo forti e vive l'ispirazione e la motivazione sociale, da Pietro sempre fermamente volute».

Gli impianti Ferrero ieri mattina hanno ripreso il lavoro normale, 900 Rocher al minuto, tonnellate di Nutella confezionate dopo cinque giorni di "stagionatura". Alla Fondazione Ferrero (dove si è conclusa da poco una mostra sui paesaggi di Morandi) gruppi di pensionati si sono messi in coda dal mattino presto per consegnare i modelli Cud: «Non sappiamo se apriranno in questo giorno di dolore», ma alle nove precise le porte si aprono, i consulenti fiscali sono pronti, le tasse non aspettano. La biblioteca Giovanni Ferrero è aperta, asili e scuole del villaggio Ferrero funzionano regolarmente, la scuola enologica espone gli striscioni per i festeggiamenti dei 130 anni, che si aggiungono a quelli evidenziati dappertutto sui 150 anni dell'unità d'Italia.

Ieri il tam tam di cellulari e computer ha diffuso in un attimo la notizia del malore in Sud Africa, ma chiacchiere e commenti si interrompono – «per pudore e rispetto della famiglia» – di fronte agli estranei. Nella centralissima via Maestra una troupe tv cerca invano di intervistare i passanti. Niente blocchi per gli appunti, via le telecamere, il dolore da queste parti rifugge i talk show.

Alba, tutta la città, si è risvegliata sgomenta: molti ricordano l'alluvione del '94, quando il Tanaro ha portato milioni di metri cubi di fango proprio nelle fabbriche della Ferrero. I dipendenti avevano reagito con stivali e badili, ripulendo gli impianti in pochi giorni. Oggi reagiscono alla morte prematura di Pietro nel solo modo che conoscono, lavorando. Il sindaco della città, Maurizio Marello, ha deciso di proclamare il lutto cittadino nel giorno dei funerali, non ancora decisi: «Sono state avviate tutte le pratiche burocratiche, ma non c'è alcuna certezza del rientro della salma. Faremo tutto il possibile per ricordare adeguatamente questo ragazzo che era molto legato ad Alba e al territorio».

Beppe Rossetto, vicepresidente della Provincia di Cuneo conosceva bene Pietro, ha celebrato il matrimonio civile in qualità di sindaco, nel 2003: «Con Pietro abbiamo fatto lunghe analisi per rinsaldare il rapporto con la città. Abbiamo posto le condizioni per rendere più convenienti gli investimenti: nell'energia è così nata Albapower, nell'ex Filanda è stata concentrata la sede principale della Soremartech, la subholding che fa ricerca e detiene i brevetti. Accanto è nato il nuovo centro direzionale, magazzini e linee produttive sono state ampliate. Abbiamo pensato al master per l'alimentazione, con l'università di Torino, con una crescente presenza di ragazzi extraeuropei. Tutte attività che hanno radicato ulteriormente la presenza sul territorio di una impresa globale. E il legame, forte, di Pietro con la città ha certamente favorito questi investimenti».

Pietro aveva 48 anni, ma per tutti era ancora il ragazzo, così come per tutti il patriarca del gruppo è il signor Michele. Oscar Farinetti, il gran patron del colosso Eataly assicura: «Ho conosciuto Pietro, ero curioso di vedere se aveva la stoffa del leader, perché è difficile doversi misurare ogni giorno con un genio come il signor Michele. E sì, aveva le doti necessarie per gestire un gruppo così importante». Secondo Farinetti «il rapporto con Alba è stato fondamentale per lo sviluppo della Ferrero: la città è terreno fertile per l'imprenditoria, noi stessi stiamo trasferendo i nostri uffici strategici da Torino a Monticello d'Alba, dove c'è anche la centrale operativa della mia prima azienda, la catena Unieuro».


Nicoletta Miroglio, albese, presidente degli industriali della provincia di Cuneo conferma: «Alba, e più in generale la provincia, ha uno dei più bassi tassi di disoccupazione e un alto grado di imprenditorialità. Si lavora bene nella nostra zona, Ferrero e Miroglio e le tante piccole e medie imprese hanno avuto la fortuna di svilupparsi in una zona in cui capacità di lavoro e gusto dell'innovazione si sposano molto bene».


Tessuto ricco, ad Alba e dintorni, dove sono attive poco meno di 10mila imprese: 1.150 aziende operano nel settore manifatturiero, con più di 15mila addetti. Nella sola città, 300 imprese industriali, con 7.600 addetti, di cui quasi cinquemila lavorano in o con la Ferrero. Nel terreno fertile dell'albese si sono sviluppate aziende con Mondo Rubber, che produce palloni e piste di atletica per i maggiori stadi del mondo, ci sono gli stabilimenti di Famiglia Cristiana, ci sono imprese vitivinicole ai vertici dell'eccellenza. Un tessuto imprenditoriale forte, che si è unito alla famiglia per la scomparsa di Pietro, che come ricorda Ernesto Abbona, presidente delle Cantine Marchesi di Barolo, «era una persona sobria, garbata ma volitiva, pronto a sfidare e correre sulle colline delle Langhe in bicicletta con piccoli imprenditori, artigiani e studenti accomunati dalla passione per le due ruote».

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