Ceva non dimentica chi venne fucilato sul Broglio 70 anni fa: le cerimonie e il ricordo di due testimoni

Quattro giorni di iniziative per i cittadini e le scuole da venerdì 21 a lunedì 24 marzo. Letture dal diario di don Bado, il “confessore dei partigiani”

Ceva non dimentica chi venne fucilato sul Broglio 70 anni fa: le cerimonie e il ricordo di due testimoni

Il Comune di Ceva vuole ricordare i 70 anni dalle fucilazioni avvenute nel marzo-aprile 1944, nella zona del Broglio. Lo farà con un programma in quattro giorni, in collaborazione con la Biblioteca civica, l’Anpi e l’Istituto per la storia della Resistenza di Cuneo. Intanto sui tabelloni espositivi sotto i portici di via Marenco sono state esposte le fotografie di alcuni dei partigiani fucilati (il Comune non ha a disposizione quelle di tutti e, pur citando i nomi, ha esposto foto panoramiche).

LE TESTIMONIANZE

Nel febbraio del ’44 cominciarono i rastrellamenti da parte dei tedeschi - racconta Giorgio Gonella, esperto di storia locale -. Ben 277 persone, tra partigiani e civili, furono portate alla caserma “Galliano”. Trentaquattro, tra il 15 marzo e i primi di aprile, vennero fucilate. Per rappresaglia per la morte di un soldato tedesco, ma anche per dimostrare la loro forza”.

Viva l’Italia!”: le ultime parole che molti dei partigiani uccisi al Broglio nella primavera del ’44 pronunciavano prima di essere fucilati dai tedeschi. Un urlo che rimarrà per sempre nella memoria di coloro che furono testimoni di quegli eventi drammatici. Come Giovanna Sevega, oggi settantottenne, che all’epoca aveva 8 anni ed abitava nella zona dove avvennero le uccisioni. “Mia mamma mi impedì di assistere alle fucilazioni, ma ricordo ancora chiaramente il frastuono delle mitragliatrici”, racconta.

Ricordo i pioppi ancora sforacchiati e insanguinati dopo la fine della guerra”, fa eco Giuseppe Barelli, 77 anni. Una vita alla guida di un taxi non è bastata a cancellargli dagli occhi e dal cuore quelle immagini. “Un giorno - racconta Giuseppe, detto “Ninì” - ero con un’amica in un campo lì vicino. Ad un tratto sentiamo sparare. Incontriamo un tedesco. Faceva un po’ il filo alla ragazza così, raccolto tutto il nostro coraggio, chiedemmo cosa stava accadendo. “I miei colleghi si stanno esercitando”, la sua risposta. Non era vero. Fatti pochi passi vedo un uomo. Era appoggiato ad un albero. Vedo il suo cappello cadere a terra, il sangue che gli macchia il soprabito. Qualcosa mi scattò nella testa. Nonostante l’avvertimento di un contadino, “Fermati!”, mi scagliai contro quei soldati che puntarono le loro armi contro di me. Per fortuna si accorsero che ero solo un bimbo e non mi uccisero”.

C’era un’atmosfera brutta a quel tempo - ripetono insieme i due testimoni -. Ogni sera, nel buio, il selciato sotto casa risuonava dei passi cadenzati dei soldati. Davano i brividi”. “Mia mamma era una staffetta partigiana - ricorda Giovanna -. Si chiamava Gina Benasso. Una volta venimmo a sapere che quella sera stessa i soldati sarebbero passati ad arrestarla. Li vedemmo arrivare da lontano e ci rifugiammo in casa di un’amica. Poi mia mamma fuggì dai partigiani, e rimase tra loro fino alla fine della guerra”. “Se ci pensiamo, oggi negli stessi posti dove avvennero quelle crudeli uccisioni oggi sorgono un’oratorio ed una scuola dell’infanzia - commenta Giorgio Gonella, esperto di storia locale -. Quasi una sorta di rinascita, un risarcimento che il tempo ha concesso alla nostra città tanto martoriata”.

Ceva non dimentica chi venne fucilato sul Broglio 70 anni fa: le cerimonie e il ricordo di due testimoni

Su La Stampa Cuneo di giovedì 20 marzo.

IL PROGRAMMA

Venerdì 21 marzo

ore 10: Raduno degli studenti delle scuole di Ceva nel piazzale interno della caserma G.Galliano”; alzabandiera; saluto delle autorità; lettura delle pagine del “Diario” di don Filippo Bado; corteo al Cippo dei Partigiani per deposizione corona d’alloro; lettura dei nomi dei fucilati a Ceva

e di poesie dedicate alla Resistenza

Sabato 22 marzo

ore 16: in biblioteca (Sala M. Robaldo) proiezione del film “Il partigiano Johnny” di Guido Chiesa

Domenica 23 marzo

ore 10: raduno nel piazzale interno della caserma “G.Galliano”; alzabandiera; saluto delle autorità; lettura delle pagine del “Diario” di don Filippo Bado; corteo al Cippo dei Partigiani; lettura dei nomi dei fucilati a Ceva

e di poesie dedicate alla Resistenza.

Ceva non dimentica chi venne fucilato sul Broglio 70 anni fa: le cerimonie e il ricordo di due testimoni

Lunedì 24 marzo

ore 21: in biblioteca (Sala M. Robaldo) proiezione del documentario “Giorni di furore” (edizione speciale 70° della Resistenza, Progetto Anpi – Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza).

CHI ERA DON BADO

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Don Filippo Bado (nato a Sale Langhe il 26 agosto 1916 e deceduto a Ceva il 30 giugno 1954), curato a Ceva dal 1942 al 1945 e cappellano dell’ospedale, assistette alle fucilazioni in sostituzione dell’anziano parroco. A lui è stata dedicata la piazza lungo Via Pio Bocca in Ceva il 25 aprile 2003.

Giorgio Gonella, appassionato ed esperto di storia locale, racconta: «Sono nato quattro anni dopo la morte di don Bado, ma è come se lo avessi conosciuto, perchè me lo hanno reso familiare le parole e i ricordi di mio papà, Genio. Lui aveva per don Filippo una sconfinata ammirazione. Classe 1928, mio padre, staffetta partigiana della XIV Brigata “Valle Mongia”, era suo chierichetto e lo seguiva anche nelle terribili giornate delle fucilazioni. I suoi racconti mi hanno fatto capire la sua generosa e stupenda personalità».

Gonella ricorda anche alcune note che suo padre annotò sull’agenda del 1944, quando ci furono le prime fucilazioni: «Anno 1944, 15 marzo, mercoledì. La giornata la più oscura e dolorosa della mia vita. Alle ore 15 di questo giorno, presso il fiume Tanaro, sono stati uccisi mediante fucilazione 5 patrioti ed un comunista, tutti confessati e comunicati dal curato Don Filippo Bado, meno il comunista. Gli altri 10 ribelli sono stati portati a vedere l’uccisione dei loro fratelli. Fucilazione avvenuta perché tali persone sono state trovate in possessori armi.Mai spettacolo più orrendo inumano ed abominevole fino a questo istante di mia vita ho visto. Concedi pace, o Signore, eterna ai poveri condannati». Ancora Giorgio Gonella: “Don Filippo Bado, curato di Ceva, confessò i condannati. Non si riprese più. Il dispiacere di non averli potuti salvare lo portò a morte prematura nel ’54”.

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“Nell’aprile 2003 il Comune ha deciso di intitolare il piazzale tra l’ex Ilsa e l’Oratorio al prete dei prigionieri. Il Consiglio ha deciso di intitolare a don Filippo Bado il piazzale sul Brolio, come richiesto da un gruppo di cittadini. Il sacerdote aveva assistito numerosi prigionieri prima delle fucilazioni, durante la Resistenza. La cerimonia avrà luogo il 25 aprile” (da La Stampa del 1° aprile 2003).

Il sacerdote merita il ricordo della città che lo vide operare con fede e amore nei 20 mesi di lotta partigiana, consigliando i combattenti per la libertà e assistendo i condannati alla fucilazione. Nel piazzale che indichiamo caddero 35 partigiani e civili. Don Bado era là, per confortare i partigiani, raccogliere le ultime volontà e portarle alle famiglie” (da La Stampa dell’8 gennaio 2002).

LA MEDAGLIA D’ARGENTO AL VALOR CIVILE

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Il Presidente della Repubblica, con decreto del 21 aprile 2011, ha conferito alla Città di Ceva la Medaglia d’argento al Valor civile con la seguente motivazione: “Il piccolo centro del Cuneese, oggetto di feroci rappresaglie, rastrellamenti e bombardamenti, venne occupato dalle truppe tedesche per venti mesi. La popolazione seppe resistere a quei drammatici giorni, partecipando alla lotta partigiana, sorretta da profonda fede negli ideali di libertà e democrazia, sopportando la perdita di numerose vite umane e dando esempio di elevata abnegazione ed encomiabile spirito patriottico”. Giovedì 26 maggio 2011, nel palazzo della Prefettura, la Medaglia è stata consegnata alla Città di Ceva dal prefetto di Cuneo Patrizia Impresa. La cerimonia del conferimento si è svolta in municipio a Ceva nella sala del Consiglio, il 2 giugno, festa della Repubblica.

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