Milano, 15 settembre 2014 - 08:08

Carolina Kostner: «Alex dormiva con un macchinario. Io usavo i tappi»

La pattinatrice al magistrato di Bolzano che le chiedeva del doping di Schwazer
«Incontrammo una volta il dottor Ferrari sul suo camper, non vidi strumenti medici»

di Andrea Pasqualetto

Carolina Kostner con l’ex fidanzato Alex Schwazer Carolina Kostner con l’ex fidanzato Alex Schwazer
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Carolina Kostner e il suo Alex Schwazer dormivano così: «Lui aveva un macchinario di colore bianco, elettrico, dal quale partiva un tubo flessibile collegato a una maschera facciale che metteva sul viso per l’intera durata della notte e io ero costretta a mettermi i tappi alle orecchie dal rumore». Strano, grottesco, decisamente scomodo. Davanti al magistrato di Bolzano che le chiedeva del doping del fidanzato, ormai ex, la pattinatrice gardenese ha dovuto svelare particolari un po’ imbarazzanti, per lei che ha sempre fatto della riservatezza uno stile di vita. Il documento, depositato dalla procura a chiusura delle indagini sul marciatore azzurro, è la storia inedita del singolare rapporto fra questi due campioni dello sport che si trovano a fare i conti quotidianamente con il rigore professionale di Carolina, che sembra non sapere nulla dell’Epo al limite dell’ingenuità, e con la dura legge dei controlli antidoping per lui. Fra una piroetta verbale e l’altra, alternando slanci e pause e ripensamenti come in un Bolero imperfetto, la ventisettenne di Ortisei ha parlato per ore. Ci sono le fughe di Schwazer, le loro piccole complicità, gli incontri segreti, gli appuntamenti con medici, tecnici, preparatori.


Al di là delle sostanze proibite confessate dallo stesso Schwazer alla vigilia delle Olimpiadi di Londra del 2012, gli inquirenti hanno infatti voluto andare oltre, sospettando che l’altoatesino sia ricorso a sistemi poco leciti fin dal 2008, cioè dai Giochi di Pechino nei quali conquistò lo storico oro nella 50 chilometri. Avrebbe «fatto uso di una tenda ipossica in grado di abbassare la percentuale di ossigeno nell’aria, vietata in Italia dal ministero della Salute», scrive il pm ricordando il periodo: febbraio, giugno e luglio 2008, cioè prima dell’Olimpiade. «Quando veniva a trovarmi in Germania portava la tenda per sostituire il soggiorno in altura - spiega Carolina -. Per tenda intendo quel macchinario elettrico. La prima volta che la vidi fu nel 2012, anche se sapevo che lui la possedeva da prima».


Oberstdorf è un paesino bavarese di montagna dove Carolina ha una mansarda di proprietà. Fu lì che il 29 luglio del 2012 capitarono a sorpresa gli ispettori dell’antidoping. «Prima di aprire la porta Alex mi chiese il favore di dire che non era in casa ma che si trovava a Racines (in Alto Adige, ndr ) dove aveva dato la reperibilità. Io feci come mi disse e poi mi arrabbiai con lui». Il Codice mondiale antidoping impone agli atleti di notificare all’inizio di ogni trimestre l’indirizzo giorno per giorno al quale gli uomini dell’agenzia possono effettuare i controlli a sorpresa, pena la squalifica dopo tre mancati avvisi. Succedeva che Alex seguisse Carolina nelle sue trasferte internazionali. «Veniva soprattutto all’inizio: a Vienna e a Mosca nel 2008, a poi a Helsinki, nel gennaio 2009. Io non ho mai incoraggiato la sua presenza in quanto il mio sport richiede grande concentrazione e quindi nella fase preparatoria della gara ho bisogno di rimanere molto da sola, senza distrazioni». Ma Schwazer a volte scalpitava e la raggiungeva. «A Helsinki abbiamo dormito in alberghi diversi. L’ultima notte, dopo la gara, arrivai seconda, Alex è venuto da me per la notte». Una notte senza maschera per l’ossigeno, finalmente. «Ma il suo non fu un trasferimento in piena regola. Decidemmo che si sarebbe fermato lì solo fino alla fine dei festeggiamenti senza informare l’albergo». Il fatto è che proprio quella notte, a Helsinki, compaiono gli ispettori dell’antidoping. Il loro incubo. E bussano alla porta dell’altro albergo, perché lui aveva dato quella reperibilità. «Me lo disse dopo». Stessa cosa a Torino. Lei studiava al Dams, viveva in un residence, Alex si allenava nella vicina Saluzzo. Quella sera andò da lei e gli ispettori, puntuali, lo cercarono a Saluzzo. Erano il suo tormento.

Il pm fa un passo indietro: ha mai visto a Oberstdorf siringhe o tracce di iniezioni? «Mai». Ma è possibile che si dopasse sistematicamente senza che lei se ne accorgesse? «Sì, in quanto io mi assentavo da casa per lunghe ore... Ma che io sappia Alex ha preso farmaci solo per curare la depressione, dopo lo scandalo. Prima era una persona sana, usava unicamente vitamine e sali minerali». Infine, il capitolo Michele Ferrari, il medico inibito per vicende di doping, al quale si appoggiò il ciclista squalificato a vita Lance Armstrong. «Io l’ho incontrato una sola volta in un parcheggio autostradale di Verona - riconosce Carolina -. Era il 2010, siamo saliti sul suo camper e loro si sono messi a parlare ma non ho visto strumentazione medica... Un’altra volta che mi sentivo stanca Alex, senza dirmi nulla, sottopose il mio esame del sangue alla sua valutazione... Penso che anche i genitori di Alex conoscessero Ferrari perché suo padre l’aveva accompagnato a Sankt Moritz».
Ferrari, gli ispettori, i farmaci, la tenda di notte. Che vita d’inferno.

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