Un candidato ogni due elettori. Sulle montagne del Torinese c’è un paesino dimenticato da Dio e dagli uomini, ma non dai politici.

È il minuscolo comune di Massello, abbarbicato sopra i mille metri tra i boschi dell’alta Val Germanasca: qui la corsa al municipio è una faida tra parenti. Per le elezioni del 5 giugno, a fronte di 61 anime aventi diritto al voto, sono in 32 a contendersi una seggiola in Comune. E lo stupefacente rapporto elettori-aspiranti consiglieri è destinato ad assottigliarsi ulteriormente a causa dell’astensionismo: alle urne, cinque anni fa, andarono in 45.

La famiglia simbolo di questa contagiosa voglia di partecipazione collettiva è quella di Anita Riceli. Lei è capogruppo della maggioranza che sostiene il sindaco uscente Antonio Chiadò. Il marito Ugo Tron è candidato con lo sfidante Willy Micol, già primo cittadino per due mandati tra il 1993 e il 2001. I coniugi abitano a pochi metri dal municipio. La moglie si affaccia sull’uscio di casa e liquida la questione: «Di elezioni non parlo. Arrivederci». Da queste parti la politica si fa, ma non si dice.

Un secolo fa gli abitanti di Massello erano più di 500. Oggi i tenaci discendenti, che non si sono arresi agli agi della bassa valle, vivono sparsi tra 16 borgate. Ognuna ha il suo mulino. Ma nient’altro: nessun bancomat, nessun negozio, nessun bar. Manca anche il dottore. Le medicine invece si possono prenotare via fax alla farmacia più vicina, che spedisce quassù un medico per mezz’ora a settimana. Riceve il giovedì dalle 12.45 alle 13.15 nei locali della foresteria, unica traccia di vita oltre a camosci e aspiranti a sindaco.

Il paradosso del Comune dove mezzo paese brama di entrare in municipio è che la battaglia all’ultimo voto inasprisce i rapporti tra vicini di casa. Il sindaco uscente Chiadò, ex dirigente d’azienda in pensione, sostiene che il programma di Micol è simile al suo: «Non so perché si candida, chiedetelo a lui». «E pensare che Chiadò negli Anni Novanta era stato mio assessore», replica lo sfidante, massellese doc, 63 anni, professione elettricista. «Si è speso molto per Massello, ma ha perso il contatto con la gente», punge Micol. «Io non volevo candidarmi – racconta – sono stati i cittadini a chiedermelo». Il sindaco giura però di aver cercato di coinvolgerlo: «Ho provato a chiamarlo, ma mi ha detto che non aveva tempo perché doveva zappare il campo di patate». «Falso», replica stizzito Micol: «Chiadò è una vecchia volpe». Quel che è certo è che a sedere sulla poltrona di sindaco sarà uno di loro.

Gli altri due candidati, infatti, seguono il detto attribuito al barone de Coubertin: l’importante non è vincere, ma partecipare. Ivan Pascal Sella, 27 anni, guida una lista civica destrorsa. Consigliere uscente, a Massello si vede di rado perché abita a Torino. E proprio alle comunali del capoluogo figura nelle liste di Fratelli d’Italia per la circoscrizione 6. Dice: «Mi sono candidato per fare pulizia». Ma il punto è un altro: perché un giovane consulente di marketing che vive a 70 km di distanza vuole diventare sindaco di un paesello dove - ammette lui stesso - fino al 2014 non aveva mai messo piede? È lo stesso Sella a svelare il segreto di Pulcinella della fabbrica dei sindaci: «I partiti presentano liste un po’ ovunque». Soprattutto dove basta un pugno di voti per essere eletti. «Funziona così». Cosa non si fa per tentare una carriera politica. E infine anche i leghisti sono scesi nell’arena, tanto per marcare presenza. Alle ultime elezioni comunali l’allora candidato a sindaco del Carroccio, Marco Miletto, prese tre voti. Roba da franchi tiratori in famiglia. Ma tanto bastò a spalancargli le porte della segreteria provinciale della Lega. Stavolta ci prova Franco Martinotti, 26 anni, anch’egli torinese. A sostenerlo una squadra di perfetti sconosciuti. Da queste parti giurano di non averli mai visti. Ma una poltroncina in consiglio comunale, seppur nei banchi della minoranza, non si nega a nessuno.

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