Bisogna aspettare il mattino dopo per capire se certe idee nate per gioco in una sera tra amici, davanti a qualche bicchiere di vino, appaiono brillanti anche con la luce del giorno. Se, finita la festa, persiste un pensiero: «Non è poi un progetto così strampalato». Ed ecco come è nato «Torinopoli», gioco in scatola la cui ispirazione è talmente palese che non serve nemmeno nominarla.

«’Nduma», si chiama così il «via» sul tabellone in cui non si va a caccia di fortuna in una città immaginaria, ma in una realissima Torino. Con tutti i suoi personaggi classici, i suoi proverbi, e quell’autoironia piena di amore e di orgoglio per la «torinesità». Si parte da Mirafiori e si arriva sulle strade della collina, passando per Barriera, Vanchiglia, San Salvario. Ci si imbatte negli imprevisti: «Lu savia nen»; e si tenta la fortuna «A’s sa mai». Il tutto tentando di costruire case, palazzi e alberghi. Le pedine sono il gianduiotto, il toret o il fujot della bagna caoda. La valuta corrente è il «sold» con i volti di illustri torinesi stampati sulle banconote.

L’unico precedente italiano trovato dalla comitiva di «Torinopoli» è quello di «Livornopoli»: nella cittadina toscana, l’analogo gioco di scatola ha avuto un gran successo (in quel caso le pedine sono triglie oppure la maglia numero 10 di Protti).

Ma a suggerire che l’idea non solo non fosse balzana, ma potesse essere un successo, è anche l’interessamento degli sponsor che sostengono il gioco, ben felici di essere presenti nelle caselle, da Iren a Smat, dalla Centrale del Latte a Le Gru, dalla bruschetteria alla burgheria piemontese. La scatola sta sbarcando nei negozi, ma già ora è prenotabile sulla piattaforma di crowdfunding www.produzionidalbasso.com, per avere la consegna direttamente a casa, in tempo per le adunate in famiglia durante le feste. Anche perché i cari vecchi tradizionali giochi di società resistono negli anni nonostante l’invasione di videogiochi e consolle, perenni nel loro essere metafora della vita: si va avanti, si cerca di far fortuna, si schivano gli imprevisti, ci si ferma per un turno, si torna indietro e si ricomincia da capo. E si può anche restare con quattro soldi in tasca, ma chi lo sa che il vento non cambi, la sorte non si rovesci e chi non aveva niente di colpo si ritrovi con il mondo in mano. Magari finendo sulle proverbiali « bale dël tor» di piazza San Carlo Bello crederci, soprattutto a Natale.

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