I ragazzi che facevano freestyle improvvisando rime in via Verdi, dietro al teatro Regio, sono l’immagine più famosa del rap a Torino, un genere che da molti anni è tra i prediletti dei giovanissimi. Che lo ascoltano e che lo fanno: dai ghetti americani alle periferie italiane, la musica parlata è quella che dà voce al disagio, alla voglia di riscatto.Ma i ragazzi di oggi non sono quelli di ieri: e costruiscono il loro mondo anche in contrasto con chi li ha preceduti. Chi oggi fa rap e sfoga la sua rabbia e sogna di farcela, lo fa in contrapposizione alla generazione precedente mettendone in discussione i canoni e la deriva commerciale. La nuova tendenza, si chiama «Trap». Canta la strada. Come «Strada Lanzo», la via in cui è nato Jamiro Venz, 22 anni, quartiere Madonna di Campagna: «Affacciati al balcone e guarda il nulla».

LA MUSICA DEI MILLENNIALS

La parola Trap non è la storpiatura di rap, ma una moda che unisce gli Usa e la Francia con l’Italia dei millennials. Giovanissimi che su Spotify e Youtube ascoltano Sfera Ebbasta, che ha un successo enorme in questo momento,personaggio controverso per droghe e delinquenza al centro dei suoi testi; oppure Ghali: rapper che in dodici mesi sono passati dall’anonimato ai dischi d’oro. «Trap» prende il nome dalle «trappole» dei ghetti americani da abbandonare affidandosi a basi con beat accelerati che tradiscono la tradizione soul, diventando cupi e ripetitivi con bassi, batterie e sintetizzatori.

«NIENTE REGOLE»

«Il trap è come il punk, perché è una rivoluzione. Nuovo genere, nuova musica, nuove ritmiche. Siamo convinti di creare qualcosa di innovativo fregandocene delle regole», dice Davide Catania, vero nome di Jamiro Venz. L’ex batterista metal, Paolo Rinaldi, classe 1992, sul palco è conosciuto come «Torso». Lontano dalle etichette discografiche, si è fatto conoscere con i video caricati sui social. L’ultima sua canzone è un inno alla Torino Grigia. «Milano è purtroppo distante – dice -. Pochi studi per registrare e mancano gli artisti più conosciuti che facciano da traino per la scena trap». Un paradosso: le nuove leve del rap non hanno mai fatto freestyle al Regio, ma col web conoscono gli artisti che stanno spopolando all’estero come Gucci Maine, Future, Booba o Kaaris. A unire sono i racconti della strada. Ovviamente, sono lontani i ghetti di Atlanta, l’ispirazione si può trovare sotto casa. Magari, alle Case Fiat di Settimo dove vive Pane B o la Barriera multietnica di Isi Noice che ora si è trasferito a Milano.

LA MODA TRAP

Ma la trap è diventata anche moda da indossare. Pantaloni stretti, vintage anni Novanta, Nike, Adidas, maglie da calcio e brand da sfoggiare con marchi ben visibili. E da ballare, con i suoi templi: l’Astoria in via Berthollet, l’«Often» al Bellagiò di via Pomba, di cui Marco Malavilla, dj mala, 30 anni, è uno dei fondatori . In tre mesi sono passati da 400 persone, a 900 a sera. «Merito – aggiunge - anche di un marketing con video e i social». Questo è il vero regno della rivoluzione trap.

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