Nel nostro incomprensibile Paese niente è più emblematico della storia dello studente di 17 anni dell’Itis Pininfarina di Moncalieri, punito perché vendeva i panini ai compagni di scuola nell’intervallo. Il preside prima l’ha sospeso per 15 giorni, poi gli ha dato 6 in condotta.

I vigili adesso l’hanno pure multato: 5176 euro per aver violato le regole «con un’attività commerciale illegale». Il ragazzo ha detto di aver avuto l’idea guardando un abusivo che si faceva i suoi soldini fuori dall’istituto. Non sappiamo se l’abusivo sia stato multato. In compenso, quando la Fondazione Einaudi ha voluto premiare lo studente con una borsa di studio da 500 euro riconoscendone «la spiccata attitudine all’imprenditoria applicata», avendo lui cercato solo di vendere un prodotto più curato a prezzi più competitivi, i suoi compagni di scuola sono scesi in piazza per protestare: «Così si premia chi infrange le regole». E il preside Stefano Fava ha subito riconosciuto le loro ragioni: «Giusto. La scuola deve insegnare a rispettare le leggi. Questo è il nostro compito».

Già, ma quali leggi? Secondo la presidenza del Consiglio dei ministri, le leggi in Italia sarebbero in tutto 75 mila. Tanto per capirci, in Gran Bretagna sono 3000. In Germania, 5500. In Francia 7000. Winston Churchill sosteneva che «troppe leggi creano il non rispetto della legge». E Tacito avvertiva che solo un Paese molto corrotto ha bisogno di molte leggi, anticipando di qualche secolo l’incontrovertibile lettura storica della nostra società. Ma il vero problema è che questo guazzabuglio di norme e cavilli risponde troppe volte ai bisogni di un sistema retto sulle corporazioni e sui diritti delle lobbies. Ma non siamo passati solo dalla legge della giungla alla giungla delle leggi. La cosa più importante è che con l’eliminazione del medioevale diritto del più forte, da noi si è introdotto il diritto del più furbo. Perché se ha ragione il preside dell’Istituto di Moncalieri che «dobbiamo pensare anche alla salute dei ragazzi, e noi non sappiamo da dove provenissero quei panini, né se fossero mal conservati», il controsenso è che non è per questo che il ragazzo è stato punito - se fosse sempre così, non esisterebbero abusivi in Italia -, ma per il fatto molto più grave di aver infranto le regole, spezzando in questa maniera l’immobilità di un sistema, che si regge sugli intoccabili diritti acquisiti delle nostre corporazioni. Vale per tutti, dai tassisti ai farmacisti, dai giornalisti fino addirittura agli abusivi: guai a toccare qualsiasi interesse consacrato dalle abitudini superate dal tempo. E ha ragione Bruno Tinti, l’avvocato del ragazzo imprenditore, quando dice che «da noi Bill Gates sarebbe ancora nel suo garage».

Il fatto è che oltre alle 75 mila leggi vigenti, nel mare infinito di codici e codicilli, di norme e commi vari, alcune leggi che non sono scritte sono più precise di quelle scritte. Ecco cos’ha pagato il ragazzo dei panini, ecco qual è la sua colpa. Perché in questo strano Paese, a volte tutti noi riusciamo a diventare giudici incorruttibili. E nulla potrà indurci a fare giustizia.