In questa foto Pino Dordoni è a Praga nel 1967 con Emile Zatopek
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Campione e maestro della marcia italiana
Dal punto di vista stilistico viene ancora oggi ricordato come uno dei marciatori più "belli" della storia della disciplina: i suoi filmati furono studiati, non solo in Italia, per analizzare i segreti della sua perfetta tecnica di marcia.
Dopo i leggendari exploits olimpici di Ugo Frigerio degli anni venti, Dordoni per un quarantennio (dalla fine degli degli anni quaranta alla fine degli anni ottanta) - prima come atleta, poi come tecnico - ha contribuito in modo determinante a far nascere e crescere la grande scuola della marcia italiana che ha al suo attivo, per rimanere solo in campo olimpico, gli ori di Abdon Pamich, Maurizio Damilano e Ivano Brugnetti, oltre naturalmente al suo.
Carriera atletica
Dopo un inizio sulla distanza breve dei 10 chilometri, passò ai 20 e 50 Km. e fece puntate anche su distanze superiori (fino alla 100 Km.)
Nel corso della sua fortunata carriera, vinse anche 24 titoli nazionali su varie distanze, dimostrando una superiorità schiacciante nel periodo 1946-1957:
- 10 Km. = 11 titoli, nel 1946/47/48/49/50/51/52/53/54/55/57;
- 20 Km. = 6 titoli, nel 1952/53/54/55/56/57;
- 50 Km. = 5 titoli, nel 1949/50/52/53/54.
Proprio nella 50 km, conquistò le sue più significative affermazioni internazionali: nel 1950 si laureò campione europeo e alle Olimpiadi di Helsinki del 1952 conquisto l'oro nella medesima specialità nonostante pochi giorni prima dei Giochi avesse subìto l'asportazione delle unghie degli alluci; la gara, disputata il 21 luglio 1952, lo vide anche stabilire la migliore prestazione mondiale sulla distanza (4h 28' 07" 8d), infliggendo un distacco di 2' 10" al secondo classificato; il suo record sarà battuto solo nel 1960.
Nella sua carriera di atleta ha disputato circa 600 gare, vincendone ben 502; ha al suo attivo 18 presenze in nazionale e la partecipazione a quattro edizioni dei Giochi Olimpici (da quelli di Londra del 1948 a quelli di Roma del 1960).
Dopo essersi ritirato dallo sport attivo, divenne un abile tecnico; dal 1962 alla fine degli anni ottanta fu responsabile della nazionale italiana di marcia; in questa veste partecipò ad altre sette edizioni dei giochi olimpici.
Il frutto migliore di questa sua attività fu il lancio di Abdon Pamich, considerato il suo vero grande erede.
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