Da poche settimane è arrivato nelle librerie “Brucia la città”, in cui Giuseppe Culicchia consegna ai lettori una nuova visione di Torino. Ma cosa c’è di veramente nuovo nelle pagine di questo libro? «Di nuovo c’è parecchia roba, per quanto mi riguarda. E’ la prima volta che scrivo un romanzo ambientato tra i giovani della Torino-bene ed è anche la prima volta che scrivo un romanzo che vede sullo sfondo la Torino di questi ultimi anni, una città molto cambiata rispetto a quella che si intravedeva nelle pagine di “Tutti giù per terra”, un libro uscito quindici anni fa, che raccontava il periodo a cavallo tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta. Da tempo accarezzavo l’idea di raccontare i privilegiati, e ho scelto di farlo cogliendoli in questo momento di passaggio, di crisi: loro vivono una vita protetta dai soldi, e la crisi non la percepiscono, però si muovono in un paesaggio dove i segnali sono evidenti, penso per esempio ai tanti pensionati che frugano nei cestini della spazzatura e ai tanti emarginati che compaiono qua e là nel corso di “Brucia la città”».