CAPITOLO 3 (31-32-33)
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Domenica 2 giugno ci aspettava una partita molto delicata,contro il Verona di Nils Liedholm.L'incontro si sarebbe giocato in campo neutro, a Ferrara (il campo dei veronesi era squalificato),ma questo non bastava a renderci tranquilli.I nostri avversari si chiamavano Bui,Maddè,Traspedini:loro si stavano giocando la promozione in serie A,mentre noi rischiavamo seriamente la retrocessione in C.Era una partita decisiva, e noi giocammo sull'orlo del burrone.
Quel giorno,nel primo pomeriggio,appena arrivammo negli spogliatoi,qualcuno dello staff medico genoano portò negli spogliatoi un piccolo recipiente di vetro,una bottiglietta simile a quella dell'Orangina.Conteneva un liquido chiaro,attraversato da striature giallo-rosse.L'allenatore disse che era destinato a cinque di noi,scelti in base ai ruoli in campo.Fra i cinque c'ero anch'io.<>, disse ancora Campatelli, e ci spiegò come avremmo dovuto fare se fossimo stati sorteggiati per l'esame.
Capimmo che si trattava di qualcosa di molto più pesante delle "punture" di Ghezzi del precedente Campionato, ma nessuno di noi cinque prescelti fiatò:rifiutare sarebbe stati da vigliacchi,era una specie di sacrificio che facevamo anche nell'interesse della squadra,della società e dei tifosi.Lo facevamo anche per un interesse personale,certo:a me in quel periodo mi tenevano d'occhio il Milan,la Juventus e le altre grandi squadre di serie A,in campo dovevo mettermi in mostra a tutti i costi.Io non sarei affondato insieme al Genoa,non volevo riprovare il sapore dell'aringa,e neanche volevo che mia madre tornasse a fare la cameriera.
Sdraiati sul lettino a culo all'aria,ci fecero la puntura,un solo ago infilato nel tappo di gomma.Poi noi cinque facemmo gli esercizi di riscaldamento con lentezza,come ci aveva raccomandato l'allenatore.Negli stretti corridoi dello stadio di Ferrara,ricordo che a un certo punto cominciò a lievitarmi dentro un'energia bestiale,mi sembrava di scoppiare:avevo l'impressione di essere un gigante,con la testa che toccava il soffitto alto almeno tre metri.
In campo fu come se il mio corpo e la mia energia non avessero più limti,idem per i miei quattro compagni.Sembravamo cinque indemoniati,un quintetto di invasati con le facce stravolte.A un certo punto,verso la fine della partita,una densa bava verdina cominciò a schiumarmi la bocca.Il nostro stato di esaltazione era evidente,e sono sicuro che lo videro tutti,avversari e spettatori.Fatto sta che, sopratutto per la superprestazione di noi cinque dopati,la partita finì in parità,un risultato più utile al Genoa che al Verona.
Rimaneva da superare lo scoglio del controllo antidoping,ma per quello eravamo attrezzati bene.Prima della partita l'urina "pulita" di alcuni giocatori genoani che stavano in panchina era stata messa dentro cinque perette da clistere;il massaggiatore aveva poi nascosto quelle perette in una doppia tasca dentro i nostri accappatoi,con la punta che da una fessura sporgeva all'interno dell'indumento:bastava una leggera pressione dal beccuccio della peretta usciva l'urina "pulita" che riempiva il flacone dell'antidoping.Un'operazione facile facile,anche perchè nella saletta dell'antidoping non c'era nessun tipo di controllo.
Quella partita verona-Genoa fu solo l'inizio.Era sempre più vicino il pericolo che alla fine del torneo fossero necessari gli spareggi per stabilire le squadre che sarebbero retrocesse in C,per cui l'operazione di dopaggio venne ripetuta varie volte.Partite da Superman,e dopo,quando ci capitava il sorteggio antidoping,con la peretta di urina "pulita" nell'accappatoio mettevamo tutto a posto.
Gli unici problemi arrivavano nel dopo-partita.Noi dopati non riuscivamo a fermarci,invece di essere stremati dalla stanchezza continuavamo a muoverci come degli indemoniati,non riuscivamo a starcene seduti,non potevamo avere il controllo del nostro corpo che continuava ad avere un'energia bestiale.Poi, all'improvviso,ci piombava addosso una stanchezza terribile,preceduta da un gonfiore della lingua che ci impediva di chiudere bene la bocca.A quel punto,sdraiati a letto,a pezzi, ci mettevamo a bere litri e litri di latte per disintossicarci.
Dopo,noi dopati ci sentivamo perfino orgogliosi di quello che avevamo fatto,gli stessi compagni di squadra ci trattavano con cordialità pèarticolare.Ma della faccenda non si parlava mai,neppure fra di noi,neanche una parola:l'omertà era assoluta.
Dal Sito Anglotedesco