Olivetti: una bella società.
La storia di un sogno durato cento anni
Inaugurata il 15 maggio 2008, nelle ventidue inedite stanze materializzate all'interno della Società Promotrice delle Belle Arti di Torino, la mostra "Olivetti: una bella società", si attesta sicuramente come uno dei momenti più significativi del Calendario di Torino 2008 World Design Capital. Lo sforzo sinergico dei due curatori, Enrico Morteo e Manolo De Giorgi, accompagnati dall'Archivio Storico Olivetti, la Fondazione Adriano Olivetti e il Laboratorio Museo Tecnologic@mente, dalla città di Ivrea e dalla Provincia di Torino, ha dato origine ad un percorso che non è storia, celebrazione, o catalogazione, ma è suggestione visiva e uditiva, scintilla per ricreare connessioni tra elementi apparentemente disgiunti, amplificatore di incidenti storici, di cultura, di progetto che sono stati i veri snodi di un cammino percorso su mille strade. Una mostra cangiante negli oltre venti allestimenti dedicati a temi trattati con sintetica lucidità, dagli "oggetti macchine" che si mostrano affioranti dal buio nella loro evoluzione da strumenti meccanici a oggetti dal design amato e ancora significante, al "paesaggio sociale" rappresentato nella sua maglia di relazioni tra territorio, fabbrica, personaggi e persone, all'"architettura" che si svela circondando il visitatore in proiezioni in cui affondare gli occhi cogliendo l'essenza di luoghi nati per lavorare, inventare, insegnare, diffondere cultura. Seguono allestimenti video-sonori per raccontare una fabbrica di comunicazione pubblicitaria e immagini, di informazione e insegnamenti, la ricostruzione del celebre negozio di Carlo Scarpa a Venezia, una giungla di fotografie per ritrarre volti e gesti, relazioni tra uomini e lavoro che sanno di malinconia e fretta, orgoglio e passione, e mai di alienazione.
Il labirintico abbecedario di frasi, oggetti, manifesti e opere, per stupirsi delle infinite declinazioni della parola "Olivetti", ci accompagna verso l'ultima immagine della "bella società", che non possono essere altro se non i volti, più noti e meno noti, dei protagonisti di una parabola culturale, produttiva e sociale mondiale, italiana, canavese. (Giorgia Gandione)
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