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    Lezione a casa Galimberti  (1603 Click)
    Servizio PrimAntenna sede di Cuneo. Laboratori per le scuole nella casa-museo di Duccio Galimberti
    25/03/2009
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    Tradizioni
     

    Tancredi Duccio Galimberti (Cuneo, 30 aprile 1906Centallo, 4 dicembre 1944) è stato un avvocato, antifascista e partigiano italiano. Medaglia d'Oro al Valor Militare e Medaglia d’oro della Resistenza, fu proclamato Eroe nazionale dal CLN piemontese.

    Fu la figura più importante della Resistenza in Piemonte.

    Figlio di Tancredi (che era stato ministro delle Poste con Giovanni Giolitti e poi senatore fascista) e di Alice Schanzer, studiosa e poetessa inglese, gli vennero imposti i nomi di Tancredi, Achille, Giuseppe, Olimpio, ma per tutta la vita sarebbe stato, appunto, Duccio.

    Dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza a Torino, esercitò l’attività di avvocato e continuò a svolgere studi inerenti a problemi giuridici. Divenne un valente penalista già in giovane età e, nonostante la posizione del padre, non venne mai a compromessi con il fascismo. Quando giunse il momento della chiamata obbligatoria alle armi, decise di svolgere il servizio di leva come soldato semplice, perché per poter frequentare il corso di allievo ufficiale avrebbe dovuto iscriversi al partito fascista.

    Mazziniano fervente, negli anni tra il 1940 e il 1942 tentò di organizzare gli antifascisti cuneensi. Nel 1942 fu tra gli organizzatori del Partito d'azione nella sua città, raccogliendo attorno a sé personaggi di antiche convinzioni democratiche e un gruppo di giovani cresciuti nell'ambito delle organizzazioni universitarie fasciste e maturati agli ideali dell'antifascismo.

    Galimberti venne clamorosamente allo scoperto dopo la destituzione di Mussolini: il 26 luglio del 1943 si affacciò alla finestra del suo studio che dava sulla Piazza Vittorio (divenuta negli anni successivi piazza Galimberti in suo onore) e arringò la folla.

    Intervenne la polizia fascista e le persone accorse ad ascoltarlo vennero disperse a colpi di manganello. Nello stesso giorno parlò in un comizio a Torino. Riferendosi al proclama del generale Badoglio gridò: «Sì, la guerra continua fino alla cacciata dell’ultimo tedesco, fino alla scomparsa delle ultime vestigia del regime fascista!». Queste frasi gli causarono subito un mandato di cattura delle autorità badogliane, che fu revocato soltanto tre settimane dopo.

    L’8 settembre lo Studio Galimberti a Cuneo si trasformò in centro operativo per l’organizzazione della lotta armata popolare, dopo che Galimberti non riuscì a convincere il Comando militare di Cuneo ad opporsi in armi all’avanzata dell’esercito tedesco che stava calando dal Brennero in tutta la penisola.

    Tre giorni dopo Duccio, con Dante Livio Bianco ed altri dieci amici si recò in Val Gesso, dove costituì il primo nucleo della banda partigiana Italia Libera (analoga banda viene formata in Valle Grana da Giorgio Bocca, Benedetto Dalmastro ed altri amici di Duccio), dalla quale nacquero le brigate di Giustizia e Libertà.

    Duccio dimostrò rilevanti capacità di organizzazione e conduzione della lotta partigiana. Egli si occupava tra l’altro del reclutamento di nuovi partigiani vagliando la validità "morale" dei nuovi arrivati. Infatti era altissimo il rischio che fra loro si annidassero delle spie fasciste.

    Dimostrò inoltre una grande cultura politica e progettuale e, soprattutto, una grande umanità. L’umanità di Galimberti traspariva dal suo tratto, dal suo sorriso, dalla sua saggezza, ed anche dal suo disagio di fronte alle crudeltà, quali erano le rappresaglie ritenute indispensabili sui tedeschi e i fascisti che avessero infierito sulla popolazione civile.

    Trasferitosi più tardi in valle Grana, alla frazione San Matteo, Galimberti impostò il lavoro di organizzazione delle unità partigiane da cui sarebbero nate le Brigate Giustizia e Libertà del Cuneese. Quando il 13 gennaio 1943 i tedeschi investirono in forze la posizione di San Matteo, furono contrastati dalla tattica elastica dei partigiani, i quali riuscirono a far fallire il loro piano.

    Nel gennaio del 1944 Galimberti venne ferito durante un rastrellamento e curato sommariamente da una dottoressa, ebrea polacca, sfuggita ai nazisti e riparata tra i partigiani. La gravità delle ferite lo costrinse ad andare all’Ospedale di Canale. Dopo un periodo di cure trascorso in un rifugio nelle Langhe, venne nominato comandante di tutte le formazioni Giustizia e Libertà del Piemonte e loro rappresentante nel Comitato militare regionale.

    Nutrito di spirito europeista nell'accezione federalista, il 22 maggio 1944 sigla a Barcelonette un patto di collaborazione e di amicizia con i "maquisards", partigiani francesi. Trattò inoltre l’unificazione e il coordinamento delle bande operanti in Valle d'Aosta.

    Si trasferì a Torino dove iniziò ad esercitare l’incarico della direzione militare regionale. Galimberti cominciò in tal modo un'opera incessante e rischiosissima di organizzazione, entrando a far parte dei Comando regionale dei Corpo volontari della libertà.

    In seguito ad una delazione, venne arrestato il 28 novembre 1944, in una panetteria di Torino che era il recapito del Comando partigiano. I frenetici tentativi delle forze della Resistenza di operare uno scambio di prigionieri con i tedeschi furono inutili: Galimberti era una figura importantissima per i partigiani resistenti e, per i nazisti e i fascisti, una preda troppo ambita per lasciarla sfuggire.

    Quattro giorni più tardi, nel pomeriggio del 2 dicembre, un gruppo di fascisti dell’Ufficio politico di Cuneo andò a Torino per prelevarlo dal carcere. Fu trasportato nella caserma delle brigate nere di Cuneo: qui Galimberti venne sottoposto a interrogatorio e ridotto in fin di vita dalle sevizie, ma nonostante questo i fascisti non riuscirono ad ottenere alcuna informazione riguardante le formazioni partigiane della montagna cuneese.

    Il mattino del 4 dicembre, fu caricato su un camioncino e trasportato nei pressi di Centallo dove venne ucciso con una raffica di mitra alla schiena.

    In Galimberti si rinnova una qualità propria del patriottismo italiano: in lui, fervente mazziniano, operava uno spirito impregnato di amor di patria e aperto alle rivendicazioni di libertà di tutti i popoli, uno spirito europeista, libero da odi e ambizioni nazionalistiche.

    da http://it.wikipedia.org/wiki/Tancredi_Duccio_Galimberti




     
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