La scuola è prima di tutto investimento
Il gruppo di operatrici della scuola che si è riunito all’UDI esprime una forte preoccupazione per i tagli che sta subendo la Pubblica Istruzione e che sembrano solo rispondere ad una logica di mera riduzione di costi senza un’analisi vera dei contenuti, della funzionalità, dei risultati.
La perdita ingente (8 miliardi in tre anni e 132.00 posti in meno) di docenti, personale amministrativo, tecnico e ausiliario, compromette pesantemente i livelli di qualità raggiunti e mette in forte discussione i livelli basilari di funzionalità del sistema educativo-formativo.
E quello della formazione è ambito che riguarda tutti.
Questa defalcazione di professori o personale ATA precari, non a caso fenomeno più ingente in meridione che al nord, annulla una delle poche possibilità occupazionali, a forte valenza femminile presenti in quelle aree. Parlando delle docenti, l’aspetto più drammatico è anche legato alla conseguenza di una disoccupazione intellettuale in loco, che ormai non consente più alcun sbocco significativo alle giovani laureate e le costringe al bivio tra una dispendiosa emigrazione altrove e una definitiva rinuncia.
Il sud Italia conta già una percentuale di non-occupazione femminile pari al 69%: l’imbuto che si verrebbe a creare con l’eliminazione dell’opportunità di insegnare potrebbe ricadere sulla scelta del raggiungimento di un alto titolo di studio da parte delle ragazze, scelta non sostenuta da sufficiente motivazione a fronte di un retaggio di antico corso che le privilegia nel ruolo di mogli e madri.
Ma il sospetto c’è anche nell’altra Italia, quella più prodiga di opportunità lavorative.
Pare di intravedere solo ostacoli sul terreno dell’occupazione femminile, collocata dalla storia e dalle conquiste appena recenti prevalentemente nel settore della Pubblica Amministrazione.
Le intenzioni sottili e pervicaci di questo governo in carica sono dirette a screditare e sottovalutare in termini di “profitto” il lavoro femminile, scoprendo un’arcaica mentalità mai sopita, foriera di provvedimenti legislativi che vanno nell’unica direzione di riportare la donna al ruolo di indispensabile cerniera tra famiglia e società.
I fatti sono quelli conosciuti.
L’operazione-badanti, ad esempio, che escludendo colf e baby-sitter a ore complica la gestione familiare nell’esigenza delle ristrette economie; la ricaduta sarà sulla donna che tornerà ad essere vulnerabile sul piano dell’assenteismo e della ricattabilità remunerativa.
Per continuare la lettura ragionata della Riforma Tremonti-Gemini, è utile un altro passaggio: dietro lo sfascio della scuola pubblica italiana, c’è il taglio dei precari ma anche la forte riduzione del tempo-scuola per gli alunni. C’è la copertura parziale, quasi inesistente, delle ore di sostegno per i disabili e la progressiva chiusura degli istituti nelle piccole comunità.
Non occorre essere indovini per capire che gli effetti di queste garanzie mancate graveranno sull’anello più disponibile dell’organizzazione familiare e solo accorte politiche locali potranno in parte attenuare.
Le sofferte decisioni cui andranno incontro le giovani nella completa realizzazione di se stesse saranno, nei tempi a venire, terreno di attacco e di critica; non si tratta di tornare ad una stagione antica ma di aprire gli occhi davanti alla mistificazione e alla falsità di questi intenti: occorre riprendere il progetto di vita che ci è stato sottratto e ragionare, agendo di conseguenza, su quanto minato sia percorso storico guadagnato dalle donne nel secolo scorso.
Gruppo Scuola UDI Ferrara